Come tutti sanno il mercato del lavoro in Italia  (ed in Europa piu’ in generale) e’  rigido. Ma cio’  in presenza di un mercato competitivo nei beni e servizi (dove il conto non puo’ piu’ essere traslato sui consumatori in termini di prezzi crescenti) e’ di fatto un cocktail esplosivo. Aggiungiamoci un possibile intervento/incentivo statale a supporto dello status quo e la distruzione di ricchezza e l’impatto negativo sulla competitivita’ si fa’ insostenibile.

Infatti se un gruppo possiede un’ azienda (o un ramo di attivita’ ) che va male non puo’ ristrutturare e ridurre i costi (tra cui quelli del personale) per tornare a competere sul mercato.  A maggior ragione se l’azienda si chiama Italtel con una sua storia di lotte sindacali d’avanguardia. Gia’ nel 1995 (all’epoca ero  consulente in McKinsey e lavorai ad un progetto in Italtel-Siemens) i confronti con i concorrenti  internazionali mostravano impietosamente che per alcune aree di attivita’ il gap competitivo (es. maggiori costi) era ormai quasi incolmabile. Solo attraverso processi di profonda ristrutturazione con esuberi di alcune migliaia di addetti si sarebbe potuto rimettere le cose a poste. Ma ovviamente cio’ non era politicamente/socialmente sostenibile.

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Si e’ scritto, discusso e letto molto in settimana sul merger Google-YouTube e in settimana. Ne discutevo l’altro giorno con  Giorgio Zarrelli, esperto informatico e giornalista e blogger molto conosciuto.

Sicuri vincitori sono gli azionisti fondatori e il vc di YouTube che intascano la cifra record di $1,65 Bn in azioni Google (su del 4% all’an nuncio). Ma anche Google ha le sue ottime ragioni e dimostra con le spalle sufficienti larghe (a differenza dei media players tradizionali) da sostenere un operazione dai rischi ancora elevati. Si sa’ chi non risica non rosica.

Google ha tecnologie HW/SW con scala globale a costi ridotti,  una concessionaria pubblicitaria innovativa e superpotente (Google Adsense) e relazioni con editori/media. YouTube rappresenta la nascente Internet TV.  In altre parole e’ come avere messo insieme sulla televisione di domani  “Publitalia” (cioe’ Google la concessionaria) e “Mediaset” (ovvero YouTube cioe’ il modo nuovo, dal basso partecipativo di costruire i palinsesti del domani): la logica industriale quindi non fa’ una piega. E la valutazione se uno crede in questo mercato, oggi appena nato, neppure.

A Google-YouTube mancano pero’ ancora due anelli: ovvero “iGune” (l’interfaccia utente/ o sw) per decidere cosa c’e’ da vedere stasera su YouTube e “iGod” (il device o l’hw) per guardare poi quel video sul televisore di casa (anziche’ sullo schermo di un pc).  Nuove idee in questo spazio potrebbero trovare un mercato florido.

A quel punto Google avrebbe un vantaggio competitivo su Apple, il suo unico grande potenziale concorrente sulla distribuzione di contenuti multimediali. A meno che i due colossi non decidano di unirsi  prima, rafforzando i legami gia’ esistenti. Antitrust permettendo.

CNN ha confermato rumors che la trattativa per l’acquisto di YouTube da parte di Google potrebbe essere alle battute finali per un valore d’impresa vicino a $1,6 Miliardi.

 Questa e’ YouTube oggi in sintesi:

– start up privata nata nel 2004

– ricavi prossimi a zero

– upload/storage di quasi 100 Milioni di video/giorno

– – molti dei video caricati sul sito avvengono in violazione dei copyright (ovvero YouTube non paga i diritti sui copyright)

– annunciato recente un accordo con Warner Music Group per la retrocessione di parte dei ricavi pubblicitari sugli spot trasmessi prima della fruizione dei video che contengono video musicali/interviste protetti da copyright. La torta pubblicitaria sul video in USA e’ di $ 350Milioni quest’anno e dovrebbe crescere del 120% a ~ $1bn gia’ nel 2007. 

– 34Milioni di visitatori mese quanto Google Video e Yaooh! assieme (i.e. oltre 50% mkt share)

– assorbimento di cassa pari a $1-1,5M/mese soprattutto per pagare i server, la banda e altre spese operative

– zero profitti

 Il mercato mondiale dei video in streaming conta oggi oltre 70 Milioni utilizzatori mese ovvero ~30% degli oltre 260 Milioni abbonati a banda larga in forte crescita. Poi ci sono quegli spettatori che vedono i video ma dopo averli scaricati (anziche’ in streaming dal server YouTube), ma probabilmente i segmenti sono in gran parte sovrapposti.

Quanti di costoro vorrebbero vedere i video, film, serie TV si YouTube o scaricabili da Internet sullo schermo della TV anziche’ sul PC ?  

Oltre al calcio l’Italia sa primeggiare anche in altri settori. Infatti, come emerge da Trasparency International 2006 e riportata su Il Sole 24 Ore di oggi l’Italia e’ in testa tra i Paesi europei piu’ attive all’estero e propense alla corruzione. Seppur in leggero miglioramento siamo ancora lontani dai migliori suddivivi in tre gruppi. Il gruppo 1 dei paesi meno corrotti include Svizzera, Svezia, Australia, Austria, Canada, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Stati Uniti e Giappone. Nel gruppo 2 troviamo Francia, Spagna, Portogallo, Singapore, Emrirati Arabi, Messico. L’Italia e’ nel Gruppo 3 insieme a Israele, Arabia Saudita, Brasile, Sud Africa, Malesia, Hong Kong  e precede India, Cina, Russia Turchia, Taiwan nel gruppo 4.

Insieme a eccessiva burocrazia, rigidita’ del mercato del lavoro, scarsa concorrenza penso sia tra i motivi piu’ importanti che fanno si che gli investimenti, una volta solo quelli stranieri, oggi anche quelli di molte aziende italiane volano verso altri lidi.

Se foste un imprenditore o il responsabile di una impresa che si trova a scegliere in quale Paese insediare nuove attivita’ e investimenti, voi che fareste?

Che la maggioranza dei politici, soprattutto quelli nostrani,  stentino a capire la portata e l’impatto di Internet sulla politica e’ evidente se non altro dalla scarsa attenzione che danno al mezzo rispetto alle saghe per il controllo di giornali e TV che infiammano ormai quotidianamente la battaglia politica.

Fra meno di due o tre anni pero’, profetizza sul Financial Times Eric Schmid, il CEO di Google, saranno disponibili algoritmi e applicativi in grado di confrontare con certezza promesse e dichiarazioni dei politici con le corrispondenti decisioni e azioni e stilare una classifica oggettiva dei politici piu’ credibili. Con un impatti imprevedibili sulle successiva possibilita’ di rielezione. 

Ormai non passa giorno in Europa in cui una nuova start up tecnologica vada sulla rampa di lancio. Sembra di esere tornati indietro di qualche anno.

Oggi International Herald Tribune dedica spazio a Rebtel, uno start up svedese nei servizi di telefonia cellulare. Questi signori imprenditori con soluzione banale e un po’ improbabile i.e. un "trasferimento di chiamata" che si configura in pratica in un servizio telefonico dal cellulare complesso da utilizzare per i clienti (per la tariffa flat occorre addirittura fare un call back!?!) ha raccolto dopo meno di 18 mesi dallo start up $20Milioni da Index Venture e l’amico Danny Rimer e Benchmark Capital per la commercializzazione dell’applicazione su scala globale.    Read More