Uno dei fattori chiave che determina la competitivita’ di un sistema economico e’ una giustizia che funzioni e che sappia far rispettare le leggi, contratti e quant’altro. In Italia si sa’ la giustizia funziona poco e male rispetto agli altri Paesi con tempi lunghissimi per dirimere le cause e mandare a conclusione i processi: un fattore che allontana a parita’ di altri fattori gli investimenti.

Siccome una riforma organica e’ forse (sic!) troppo complessa da concepire/realizzare  (le nuove leggi nel settore si sa’ vengono fatte solo ad personam) la classe politica pensa di risolvere il tutto con il classico colpo di spugna: il provvedimento di indulto. In un botto solo piu’ di 30.000 tra detenuti con sentenza definitiva, detenuti in custodia cautelare, soggetti su cui pendono accuse varie si trovano liberi in circolazione. Mi auguro (ma non metterei la mano sul fuoco) che il Parlamento avesse stimato con precisione l’effetto del provvedimento votato guarda caso all’unanimita’ da i due schieramenti politici. Non sembra pero’ aver tenuto conto dell’impatto del provvedimento stesso sui processi in corso che, come mi raccontava qualche sera fa’ un giudice di pace, devono comunque tenersi, con tutti i costi del caso, sapendo gia’ da subito che le eventuali condanne verranno ridotte/condonate (ovvero il processo serviranno a poco/nulla!) e mentre contestualmente la legge Cirielli, che prevede tempidi  prescrizione ridotti, rischia di sterilizzare anche i nuovi processi. Ma scoperto "tempestivamente" il problema ( mi chiedo ma perche’ solo dopo aver votato compattamente a favore dell’indulto?) ecco che i politici,  con ex magistrati e avvocati in testa,  trovano subito la soluzione appropriata: l’amnistia per tutti.

Ecco varata la vera prima riforma a favore della competitivita’ del sistema Italia! Nelle aziende quando il vertice sbaglia palesemente viene rimosso e sostituito, e in politica?

Francesco Giavazzi e Alberto Alesina  nel loro ottimo saggio Goodbye Europa   ( dovrebbe essere adottato come libro di lettura obbligatorio in tutte le scuole medie superiori/universita’),  descrivono con grande semplicita’ e chiarezza perche’ il gap di ricchezza tra USA ed Europa si sta’ allargando e l’Europa e’ entrata in una fase di declino e cosa bisogna fare per invertire questo trend che porterebbe alla marginalizzazione dell’Europa: in sintesi meno sussidi statali e piu’ incentivi alle persone, lasciando poi lavorare il mercato.

Il reddito medio pro capite e la sua crescita nel tempo offrono una misura sintetica del livello di ricchezza di un Paese e delle persone che in esse vivono. Rappresenta il valore medio dei beni e servizi che ciascuno di noi mediamente produce ogni anno.  Ad inizio ‘900 questo indicatore era pressoche’ uguale tra le due sponde dell’Atlantico. Nel 1950 dopo le guerre che devastarono l’Europa il reddito pro capite dei Paesi Europei era la meta’ di quello USA. Tra il 1950 e il 1980 il gap si era prima assotigliato al 75% per poi stabilizzato al 75% nei succesivi quindi anni fino al 1995 quando il divario e’ rincominciato a crescere di nuovo. Certo il reddito pro capite non e’ il solo determinante della qualita’ della vita, ma alla fine i soldi contano soprattutto quando ci si confronta con gli standard di vita e la capacita’ di spesa degli altri.   

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