L’Italia è una società immobile. Anche per chi ha studiato e si è impegnato a fondo la possibilità di crescere e muoversi lungo la scala sociale è una impresa ardua, quasi impossibile. Ed è questa una delle più grandi ingiustizie sociali e un grande freno allo sviluppo che dobbiamo rimuovere.
Come già discusso in un precedente post l’affermazione del merito nel nostro Paese è una delle principali rivoluzione culturale trasversale che dobbiamo fare. Questa battaglia è tutt’altro che facile e scontata. Roger Abravanel con il suo libro Meritocrazia ha razionalizzato molto bene l’importanza e ci ha suggerito cosa poter fare concretamente da subito.
Adesso come segnalatomi da Paola è nato anche il blog Meritocrazia ovvero uno spazio virtuale per la prosecuzione della discussione del libro scritto dal socio 1GN Roger Abravanel che ha citato 1GN (di cui sapete sono membro del Board) tra le “Comunità del Merito” in Italia.

Se l’argomento fosse di vostro interesse quindi quattro semplici modi per iniziare a contribuire al cambiamento in senso meritocratico del nostro Paese:

1. Salvate Meritocrazia tra i vostri siti preferiti, e visitate spesso il sito per leggere i nuovi contributi e le discussioni in corso. A breve appronteremo anche un feed RSS.

2. Commentate le proposte di Roger e gli articoli degli altri editor: con che cosa siete d’accordo? con che cosa non siete d’accordo? che cosa è necessario al cammino verso la meritocrazia?

3. Fate conoscere il sito ai vostri contatti: sicuramente c’è chi ha letto il libro e vuole discuterne, chi è incuriosito dal libro ma non lo ha ancora letto, chi non lo conosce ancora…
Può anche essere un idea di regalo di “grande valore” per amici genitori

4. Se desiderate contribuire con un vostro intervento, inviate una breve proposta alla Redazione usando il link “Contattaci”: la meritocrazia ha bisogno delle tue idee!

Premesso che ho un’interesse nella vicenda in quanto azionista e Presidente di Skebby giovane start up italiana che ha sviluppato un’applicazione cellulare per l’invio di SMS gratis (o quasi) via Internet.

I riallineamenti recenti delle tariffe mobili con l’aumento del prezzo dei servizi voce e la riduzione del prezzo degli SMS decisa e comunicata a qualche milione di utenti mobili con vecchi piani prepagati da TIM e Vodafone lo scorso agosto è stata oggetto di un più che giusto sollevamento da parte delle organizzazioni dei consumatori, stà avendo un importante riscontro sui media nazionali ed ha portato ad una diffida da parte di Agcom. Credo però che non tutti i “motivi” del perché la manovra non avrebbe dovuto essere autorizzata sia stati esplicitati. Infatti gran parte dell’attenzione sulla manovra è stata messa sulle modalità di comunicazione poco trasparenti (via SMS) ed in tempi troppo ravvicinati/sospetti e senza esplicitamente consentire cambio piano/operatore.

A mio giudizio andrebbe valutato anche se sia trattato di una strategia di ribilanciamento e/o di predatory pricing ovvero se l’impatto che tali manovre se ripetute in tempi ravvicinati potrebbero avere sia sui consumatori sia sulla nascente concorrenza di newcomer nel mercato dei servizi Internet non siano entrambe negative nel medio periodo.

La sensazione infatti è che dietro alla manovra chi detiene oltre il 70% del mercato della telefonia mobile abbia silenziosamente avviato una manovra di ribilanciamento dei prezzi trasferendo ricavi e margini da segmenti dove la nuova concorrenza potrebbe aprirsi un varco (servizi dati e Internet) verso mercati dove vige ancora l’oligopolio controllato (servizi voce peraltro che ha prezzi tra il 30-50% più elevati di altri Paesi Ocse) con un impatto neutrale sui conti economici degli operatori mobili ma dove a rimetterci è la nascente concorrenza sui servizi Internet mobile (il futuro nascente) e gli stessi consumatori nel medio periodo perché se la concorrenza non si sviluppa verrebbero precluse l’accesso a a nuovi servizi a prezzi stabilmente decrescentii. Anzi con l’espulsione dal mercato dei new comer meno efficienti si potrebbero poi avere prezzi/margini crescenti appunto “predatory strategy”.

Una storia di simile, anche se molto più cruenta e ripetuta, era già successa nel settore della telefonia fissa a cavallo degli anni ’90 dove in seguito alla progressiva liberalizzazione di alcuni settori del mercato (telefonia internazionale e lunga distanza) ed all’ingresso di nuovi competitor si era lasciato mano libera a Telecom Italia di ribilanciare le tariffe consentendole di ridurre drasticamente quelle sui segmenti in concorrenza già fortemente intaccate dai competitor ma contestualmente di aumentare quelle sulla telefonia locale di cui Telecom continuava ad avere un monopolio quasi assoluto (quasi 99% nei primi a fine 1999). In gergo queste tecniche competitive si chiamano “predatory pricing”. Il risultato infatti fù proprio un bagno di sangue per “tutti” i nuovi concorrenti, Planetwork/ePlanet (oggi Retelit)di cui sono stato fondatore e CEO inclusa (sfido chiunque a trovare anche un solo operatore nella telefonia fissa che abbia prodotto più soldi di quanto non abbia investito dal 1990 ad oggi) mentre Telecom Italia poteva così mettere al sicuro “ricavi&margini” tanto da raggiungere nei primi anni 2000 margini operativi record in Europa ( certamente non per una maggiore efficienza).
Il risultato di queste pratiche tariffarie è storia di oggi sotto gli occhi di tutti: poco più di una manciata di operatori alternativi a Telecom i cui bilanci sono, a dieci anni dall’apertura, ancora sussidiati da azionisti più/meno volenterosi e uno tra gli incumbent meno forti e competitive in Europa ( e non solo per il grande indebitamento accumulato).
Speriamo che questa volta le Autorità (Agcom e soprattutto Antitrust) facciano loro la lezione imparata nella lunga distanza e vigilino affinché la stessa storia non si ripeta nel nascente e molto promettente mercato dei servizi Internet mobile.

E’ sbagliato pensare che la questione della governance e del controllo di Mediobanca sia solo una delle tante lotte di potere tra manager in questo caso Geronzi (discusso e con qualche condanna alle spalle ma di “enorme potere”) da un lato e il team Nagel-Pagliaro (che già hanno saputo portare risultati operando sul mercato) dall’altro e che a noi cittadini e piccoli azionisti della banca e/o di questa o quella partecipata (Generali, RCS, Pirelli, Telecom,….) non debba importare poi un granchè.

Con la governance di Mediobanca, infatti, è in gioco non solo il controllo della più prestigiosa banca italiana ma anche la possibilità di influenzare quello snodo fondamentale del sistema economico e finanziario nazionale da sempre indipendente dalla politica ed esclusivamente asservito agli interessi dell’industria e del mercato. Cuccia prima e il suo discepolo Maranghi poi avranno magari a volte abdicato al mercato (erigendosi essi stessi a tal ruolo) ma “mai” nella storia della banca hanno messo in gioco l’indipendenza della stessa dalla politica e da un certo suo potere di condizionamento. Al contrario della politica ha rappresentato più volte un importante controaltare.
Dovesse andare in porto l’attacco portato da Geronzi, probabilmente Mediobanca e la gestione delle sue partecipazioni strategiche verrebbero allontanata dalla mera valorizzazione di mercato per essere asservita a logiche di quel “certo” potere che con “certa” politica (di destra o di sinistra che sia) a volte si mischia. Sarebbe un fatto molto grave per il sistema economico italiano che stà attraversando una tra le più gravi crisi strutturali dal dopoguerra.
Purtroppo la cessione tout court di quelle partecipazioni sul mercato, che risolverebbe il problema alla radice, non è al momento praticabile vista la penuria di imprenditori liberi e con portafoglio ed esclude perciò questa alternativa.
La soluzione migliore quindi nell’interesse generale è certamente la conferma alla guida della banca del management attuale senza troppi vincoli, ingerenze e condizionamenti.

Un’altra soluziona, forse più dirompente e radicale, sarebbe quella di richiamare contestualmente alla guida del team di Mediobanca proprio quel Matteo Arpe, banchiere di grande successo la cui folgorante carriera proprio di lì era partita. Alla garanzia di indipendenza da “certi poteri” Matteo garantirebbe quell’orientamento a logiche prettamente di mercato, su cui caso vuole si scontrò ed ebbe la peggio con Maranghi nel 2000 (vedi
suggestiva intervita a Matteo da parte dell’ottima Milena Gabatelli la migliore giornalista in circolazione con “schiena dritta” ieri su Il Sole 24.
Sarebbe una straordinaria notizia e una delle “scosse” di cui questo Paese ha grande bisogno per incominciare la strada del rinnovamento.

Chissà se Profumo & c. avranno sufficiente coraggio e tempra per portare a casa la soluzione migliore per noi.