Roberto Saviano ha 28 anni ed e’ un giovane giornalista napoletano, fino a ieri sconosciuto al grande pubblico. Ma Saviano, come tanti giovani italiani, ha grande cuore , immenso coraggio e soprattutto insegue un sogno : poter vivere e lavorare nella propria terra, che come si sa’ e’ barbaramente soggiogata dalla malavita organizzata, in modo onesto, normale. Uno tra i tanti figli del Sud Italia (e presto anche del Nord) costretti ad emigrare dalla propria terra per cercare una speranza di vita di futuro che nessuno, tanto piu’ lo "Stato", sa’  piu’ garantire .

 Ma Saviano non ci sta’. E dopo essersi introdotto nelle viscere del “sistema” (come viene chiamato in gergo la “camorra”) scrive “Gomorra” un libro romanzo incredibile, sconvolgente, appassionante (“unputtable” come direbbero gli amici yankee) una descrizione dal di dentro della malavita organizzata seguendo passo a passo l’arrivo e la partenza delle merci alla base del sistema dell’illegalita’.  Le ramificazioni impressionanti della camorra al Nord (tra i big della moda, ad esempio, che commissionano la produzione delle loro creazioni senza scrupoli sfruttando il lavoro nero malavitosamente organizzato pur di risparmiare quattrini) e all’estero in tutto il mondo dove la camorra detiene la leadership del commercio illegale e genera gran parte dei propri flussi/rendite finanziarie (a conferma di quanto noi comuni mortali abbiamo sempre sospettato!). Oltre ad un bellissimo romanzo, anche un perfetto manuale di economia (Commercio 01) su mercato, concorrenza e sviluppo dei commerci che molti tra i nostri governanti bipartisan dovrebbero leggersi, metabolizzare  e cercare di replicare anche alla parte “legale” dell’economia nazionale.

Gomorra, stampato inizialmente in soli 8.000 esemplari, ha gia’ venduto oltre 400.000 copie soprattutto tra i giovani. Un segno di grande conforto e speranza, la certezza che c’e’ ancora qualcuno  in Italia che non ci sta’ , si desta, fa’ "passare il messaggio",  denuncia e lotta strenuamente affinche’ cio’ che e’ giusto e onesto possa realizzarsi. E quando cio’ avviene gli altri in massa seguono.

Grazie per il tuo esempio, Saviano.

E’ un vero piacere ascoltare il Ministro Bersani. La scorsa settimana al Summit GE a Milano parlava con rammarico del trattamento poco positivo ricevuto da stampa e business community sul pacchetto di liberalizzazioni da lui avviate recentemente in Italia, le cosiddette “lenzuolate”. Il problema non e’ il fine (giusto) di aprire il mercato alla concorrenza, ma il mezzo (sbagliato) di come lo si e’ fatto (sic!) in passato e di come lo si sta’ facendo oggi.

Nel settore tlc mobili il pacchetto Bersani prevedeva l’abolizione per legge dei costi di ricarica, con un impatto nominale sui ricavi degli operatori di oltre E1,5Miliardi di cui in gran parte margine. Ad Economia Politica 1 insegnano che se un mercato e’ un oligopolio concentrato gli operatori colludono e fissano i prezzi per massimizzare i loro profitti. E se rimane tale gli attori si adeguano in fretta. E cosi’ e’ avvenuto rapidamente: come ieri riportato su Repubblica, i gestori mobili hanno manovrato e deciso di aumentare (tutti insieme amorevolmente) i loro prezzi sul traffico cellulare per recuperare quanto perso sui costi di ricarica. Risultato effettivo della “lenzuolata” liberalizzatrice: zero, ovvero consumatori indifferenti (a parte l’effetto annuncio e una possibile redistribuzione di ricavi e margini tra diversi segmenti), nessun impatto sulla concorrenza di settore, operatori “disturbati” perche’ li si e’ costretti a ripensare e far digerire al consumatore una nuova struttura tariffaria per ritornare agli stessi ricavi/margini pre deceto, nessun impatto sull’innovazione e sullo sviluppo del settore. Elementare Watson si potrebbe affermare: no e’ solo che le leggi economiche valgono piu’ degli obiettivi (veri o presunti) dei nostri politici. In prossimita’ di elezioni fa piu’ notizia/consenso l’eliminazione dei costi di ricarica che il successivo aumento dei prezzi.

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Nei giorni scorsi sono apparse sulla stampa le classifiche relative ai compensi dei top managers (Presidenti e Amministratori Delegati/Direttori Generali) delle principali aziende italiane quotate in Borsa.  La trasparenza e’ sempre un’ottima cosa e permette agli azionisti (anche quelli piu’ piccoli) di sapere quanto percepisce il management a cui ha delegato la gestione della societa’.  Ma  i numeri  di per se’ non aiutano granche’ a parte favorire il pettegolezzo su quanto (“troppo si dice”) guadagnino i top manager,  "nuovi calciatori" del 2000.

Per farsi un’idea piu’ equilibrata sulla equita’ dei compensi del top management andrebbe approfondita l’analisi: da un lato occorrerebbe analizzare e scomporre la compensation tra parte fissa (emolumenti/retribuzione fissa/retribuzione di fine rapporto) e quella variabile (bonus, stock option,…)  legata cioe’ ai risultati dall’altra capire come sono andate le perfomance soprattutto quelle economico/finanziarie  (creazione di valore/andamento dell’azione in borsa negli ultimi 12/24 mesi).

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Mi piace segnalarvi un ottimo post di Stefano Quintarelli che, nel triste spettacolo a cui stiamo assistendo in questi mesi/giorni sull’affaire Telecom, cerca di far luce a ragion veduta sugli aspetti industriali legati a Telecom Italia. Sono d’accordo quasi su tutto. Eccetto che la ONE NETWORK e l’operazione di separazione della rete da Telecom Italia andava pensata e fatta dieci anni fa’ prima della privatizzazione.Lo Stato Italiano allora vendette l’azienda ai privati, incasso’ parecchi quattrini e non pose alcun vincolo a future cessioni a terzi stranieri. E’ come se io vendessi la mia casa oggi e dieci anni dopo volessi rientrarne in possesso di una parte perche’ il proprietario a cui l’ho ceduta intende rivenderla ad un terzo "straniero".   Read More