E’ sbagliato pensare che la questione della governance e del controllo di Mediobanca sia solo una delle tante lotte di potere tra manager in questo caso Geronzi (discusso e con qualche condanna alle spalle ma di “enorme potere”) da un lato e il team Nagel-Pagliaro (che già hanno saputo portare risultati operando sul mercato) dall’altro e che a noi cittadini e piccoli azionisti della banca e/o di questa o quella partecipata (Generali, RCS, Pirelli, Telecom,….) non debba importare poi un granchè.

Con la governance di Mediobanca, infatti, è in gioco non solo il controllo della più prestigiosa banca italiana ma anche la possibilità di influenzare quello snodo fondamentale del sistema economico e finanziario nazionale da sempre indipendente dalla politica ed esclusivamente asservito agli interessi dell’industria e del mercato. Cuccia prima e il suo discepolo Maranghi poi avranno magari a volte abdicato al mercato (erigendosi essi stessi a tal ruolo) ma “mai” nella storia della banca hanno messo in gioco l’indipendenza della stessa dalla politica e da un certo suo potere di condizionamento. Al contrario della politica ha rappresentato più volte un importante controaltare.
Dovesse andare in porto l’attacco portato da Geronzi, probabilmente Mediobanca e la gestione delle sue partecipazioni strategiche verrebbero allontanata dalla mera valorizzazione di mercato per essere asservita a logiche di quel “certo” potere che con “certa” politica (di destra o di sinistra che sia) a volte si mischia. Sarebbe un fatto molto grave per il sistema economico italiano che stà attraversando una tra le più gravi crisi strutturali dal dopoguerra.
Purtroppo la cessione tout court di quelle partecipazioni sul mercato, che risolverebbe il problema alla radice, non è al momento praticabile vista la penuria di imprenditori liberi e con portafoglio ed esclude perciò questa alternativa.
La soluzione migliore quindi nell’interesse generale è certamente la conferma alla guida della banca del management attuale senza troppi vincoli, ingerenze e condizionamenti.

Un’altra soluziona, forse più dirompente e radicale, sarebbe quella di richiamare contestualmente alla guida del team di Mediobanca proprio quel Matteo Arpe, banchiere di grande successo la cui folgorante carriera proprio di lì era partita. Alla garanzia di indipendenza da “certi poteri” Matteo garantirebbe quell’orientamento a logiche prettamente di mercato, su cui caso vuole si scontrò ed ebbe la peggio con Maranghi nel 2000 (vedi
suggestiva intervita a Matteo da parte dell’ottima Milena Gabatelli la migliore giornalista in circolazione con “schiena dritta” ieri su Il Sole 24.
Sarebbe una straordinaria notizia e una delle “scosse” di cui questo Paese ha grande bisogno per incominciare la strada del rinnovamento.

Chissà se Profumo & c. avranno sufficiente coraggio e tempra per portare a casa la soluzione migliore per noi.

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