Ieri sera durante un’incontro organizzato dall’amico Marco Magnani e dal Gruppo Alumni del Collegio dei Cavalieri del Lavoro, Massimo Mucchetti ha parlato del suo ultimo libro “Il baco del Corriere”. Libro molto bello, da leggere in un sol colpo, superbamente documentato (come del resto tutte le sue analisi economiche), cosi’ intrigante da sembrare a tratti una “fiction” ma che e’  invece la “storia” del tentativo riuscito di “assogettare” e “asservire” la principale testata d’informazione italiana prima al potere e all’interesse della politica (negli anni venti attraverso lo spodestamento di Luigi Albertini da parte dei Crespi sostenuti dal regime fascista) e poi al potere e ai grandi interessi economici/finanziari (con le banche ed le principali imprese industriali membri del patto di sindacato di RCS Media Group oggi e Gemina prima).


 Il libro prende spunto dal racconto di un “fatto”, ovvero l’azione di spionaggio (o il “baco” informatico) da parte della security Telecom di cui Mucchetti stesso, Direttore ad personam del Corriere, Vittorio Colao, allora amministratore delegato di RCS Media Group e altri quattro top manager alle sue strette dipendenze, furono oggetto nel novembre 2004. Fatto che la “direzione” del Corriere stessa (leggi Mieli), seppure a conoscenza dell’accaduto, non volle riprendere ed approfondire inizialmente sul giornale (come peraltro un fatto cosi’ grave avrebbe indubbiamente meritato), per timore che una tale indagine giornalistica potesse creare pregiudizio/nuocere all’immagine di un importante azionista del patto di sindacato del gruppo editoriale (in questi ultimi mesi a detta di Mucchetti invece il Corriere ha informato in modo trasparente e puntuale su tutta la vicenda relativa al caso dello " spionaggio Telecom").
Ma il vero obiettivo e’ ripercorrere le modalita’ con cui poteri politici ed economici hanno saputo controllare ed influenzare il piu’ diffuso ed influente giornale italiano a partire proprio dall’estromissione di Luigi Albertini ultimo direttore/gerente veramente indipendente per mano del regime fascista (o il “baco” del controllo) per arrivare a dettare possibili soluzioni per una governance davvero indipendente, sulla falsa riga di altri gruppi editoriali internazionali (es. vere public company non scalabili stile Reuter negli UK, ritorno di figure imprenditoriali di editori puri, etc).

Durante il dibattito che ha fatto seguito alla presentazione del libro, ci si e’ spinti oltre cercando di individuare quale potrebbe essere l’evento catalizzatore del cambiamento in grado cioe’ di riportare "il Corriere" a quella separazione ed indipendenza tra proprieta’ e conduzione editoriale che solo con Luigi Albertini nei primi anni venti seppe garantire e fondamento di una informazione il piu’ possibile libera ed indipendente che un sistema democratico avanzato come il nostro forse meriterebbe.
 

Considerando altamente improbabile una “autoriforma” da parte di chi oggi ha in mano il controllo del giornale e considerando che le performance economico/finanziari del gruppo RCS non sono tali da rendere possibile un cambiamento traumatico della struttura proprietaria come avviene tipicamente prima di avviare un risanamento, tre restano le strade percorribili per un cambiamento nel breve/medio periodo:
 
1)    Per “legge”, come a detta di Mucchetti avrebbe suggerito Peliccioli, AD di DeAgostini e grande conoscitore del settore editoriale italiano: ovvero una legge dello stato che vieti a certi gruppi industriali/finanziari di possedere piu’ di X% del capitale in societa’ editoriali ed esercire il controllo (anche in forma associata) sui mezzi di informazione rilevanti.

A questa soluzione occorre aggiungere per “moral suasion” ovvero, come auspica Mucchetti, attraverso l’azione di convincimento che Draghi/Banca d’Italia potrebbe fare sugli Istituti di Credito (Intesa-San Paolo, Capitalia,..) per convincerli a uscire dal Corriere. Solo Profumo, Unicredito, ha gia’ voluto percorrere in modo autonomo questa strada.

I tempi di queste opzioni non sono prevedibilmente brevi anche perche’ la politica prima di scrivere una legge in proposito dovrebbe essa stessa chiamarsi fuori dal controllo della RAI.

 2)    Per i “cambiamenti tecnologici” in atto che stanno aprendo rapidamente e rendendo appealing ai lettori nuovi canali di informazione (es. Internet, free press,…) che potrebbero rendere i giornali tradizionali, Corriere incluso, obsoleti e quindi con un  “peso” ridotto come strumento di influenza e controllo dell’opinione pubblica. Questa, che e’ poi la mia tesi o forse un mio sogno, parte dalla considerazione che gia’ oggi, negli USA ad esempio, la carta non e’ piu’ l’essenza del giornalismo, che molti non leggono piu’ l’informazione sui giornali tradizionali, e che e’ molto piu’ difficile mettere il bavaglio e controllare un mezzo come Internet da parte degli interessi concentrati (in primis perche’ lo sottovalutano). Mucchetti  e’ scettico in proposito in virtu’ del fatto che Internet come canale d’informazione indipendente non ha ancora dimostrato un modello di business sostenibile, che comunque richiede grandi investimenti per ottenere visibilita’/audience in primis e che forse Internet e’ solo un mezzo per le case editoriali tradizionali, tra cui il Corriere, per tagliare costi di distribuzione. Vedremo cosa succedera’ nei prossimi cinque anni!

3)     Per “l’azione della magistratura” che, qualora emergesse un ipotetico nuovo scandalo tipo P2 in cui fossero coinvolti personaggi rilevanti dell’attuale patto di sindacato del giornale, potrebbe favorire un cambio forzato del controllo del Corriere.  E’ molto triste doversi augurare sempre un intervento virulento della magistratura affinche’ in Italia possa cambiare qualcosa di rilevante nell’interesse generale. Ben sapendo tra l’altro (come gli scandali P2/Tangentopoli dimostrano) che l’azione di pulizia non serve a molto nel lungo periodo se non si ha il coraggio e la volonta’ di cambiare le regole .

1 Comment

http://www.luigiorsicarbone.itstefano quintarelli on 16 febbraio 2007  ·  Rispondi

mi pare che la 3) e’ in corso, la 1) e’ improbabile (chi fa le leggi non e’ in contrasto con i potenti dell’economia) e la 2) e’ inevitabile..

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