L’Italia, e’ risaputo, e’ un’economia di trasformazione. Ovvero non possedendo che in minima parte l’ energia e le materie prime, basa la propria possibilita’ di creare ricchezza (per poi di poterla distribuire/condividere ad esempio tramite sistemi di welfare) producendo prodotti e servizi competitivi da vendere sui mercati internazionali. E questo si riesce a fare a livello di sistema e in scala maggiore e crescente quanto piu’ forti si e’ nella ricerca, nella scuola/educazione, nei settori tecnologicamente avanzati.

In altre parole occorre saper innovare e produrre prodotti e servizi che incontrano sempre meglio il favore e offrono un maggior valore ad un numero crescente di clienti nel mondo e che sappiano generare valore sufficiente  per compensare il costo crescente dell’energia (la cosiddetta bolletta energetica nel 2006 pari al livello record di E48 Miliardi pari al 3,3% del PIL) e delle materie prime, oltreche’ il costo del lavoro (che in Italia per unita’ prodotta e’ tra i piu’ alti tra i paesi avanzati) e una burocrazia asfissiante e costosa.

Per vincere a livello di sistema e creare ricchezza quindi  occorre “sapere innovare” e questo  indipendentemente dal modello politico di riferimento ovvero  “democrazia sociale” o “il liberalismo” che divergono su come condividere e ridistribuire la ricchezza generata).  

Un grande progetto politico, una visione illuminata del Paese per il futuro dovrebbe avere  "l’innovazione e la competitivita’" come obiettivo prioritario da cui articolare poi una politica dell’offerta” coerente a tutti i livelli. Negli anni novanta c’e’ stato "l’euro" a coagulare gli sforzi degli italiani verso una meta comune, oggi serve un nuovo ambizioso  progetto su cui scommettere il nostro futuro e quello dei nostri figli,  ma non si chiama  "Topolino"!

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